00:00:00 Gestione dell’inventario: Discussione su service level e safety stock.
00:00:22 Joannes sfida le percezioni sui service levels e sugli safety stocks.
00:02:10 Benefici di decisioni concrete nella gestione dell’inventario.
00:03:07 Esplorando le complessità delle misurazioni dei service levels.
00:06:10 Joannes sui pro e contro dell’analisi ABC XYZ.
00:10:31 Approfondendo le intricate ottimizzazioni dell’inventario.
00:11:22 Progettare le complessità di un sistema verificabile.
00:12:15 Critica all’ABC XYZ, le sue radici psicologiche.
00:13:33 Analisi ABC XYZ, l’influenza della cognizione umana.
00:16:12 Approfondimento dell’ABC XYZ, valore del ranking computazionale.
00:21:04 Discutendo le sfumature della categorizzazione e calibrazione dell’inventario.
00:23:53 Introduzione della prospettiva del cestino, le sfide dell’allocazione dell’inventario.
00:24:54 Tracciando la storia dei service levels nella gestione dell’inventario.
00:26:55 Insidie e implicazioni fuorvianti delle metriche di service level.
00:28:51 Smontare il mito dei service levels e della soddisfazione del cliente.
00:32:34 Un’analogia con l’acqua per comprendere le supply chain.
00:34:25 Discutere la natura dinamica del volume delle vendite dei prodotti.
00:36:00 Qualità del servizio, aspettative del cliente, disponibilità del prodotto.
00:38:20 Smontando l’illusione matematica nell’assortimento dei prodotti.
00:41:16 Mito dei modelli matematici nella gestione dell’inventario.
00:42:12 Difetto del modello ABC XYZ: Ignorare il comportamento del cliente.
00:43:41 Carenze dell’ABC XYZ come meccanismo di priorizzazione.
00:44:46 Tentativi falliti di riparare l’ABC XYZ.
00:47:35 Presupposti errati del supply chain, passaggio all’automazione.
00:51:01 Discussione sull’errore del volume medio giornaliero di vendite.
00:52:49 Critica alla volatilità della categorizzazione dei prodotti.
00:54:07 Contestare il valore della classificazione matematica.
00:56:11 Approcci deterministici vs probabilistici al supply chain management.
01:03:43 L’utilità dell’IA nel colmare le lacune viene dibattuta.
01:07:56 Sfida ai presupposti tradizionali del supply chain management.
01:10:33 Tolleranza per l’ambiguità, coesistenza di contraddizioni.
01:16:24 La realtà delle moderne e complesse supply chain.

Summary

Conor Doherty e Joannes Vermorel indagano il popolare strumento di analisi delle scorte ABC XYZ Analysis, sostenendo che la sua eccessiva semplificazione porta a una perdita d’informazioni. Vermorel sfida le pratiche convenzionali di gestione dei service levels e delle safety stock separatamente. Vermorel sostiene un supply chain management supportato dalla tecnologia, data la complessità nel gestire grandi quantità di prodotti. Critica l’analisi ABC XYZ per la mancanza di dinamicità e per non considerare le prospettive dei clienti. Vermorel favorisce un approccio probabilistico al supply chain management, che può offrire una comprensione più sfumata dei rischi e aiutare nel processo di decision-making.

Extended summary

In questa intervista, Conor Doherty, il conduttore, e Joannes Vermorel, il fondatore di Lokad, analizzano il popolare strumento di analisi delle scorte, ABC XYZ Analysis. Questa metodologia categorizza i prodotti, in base al volume e alla varianza, in semplici sottogruppi. Vermorel suggerisce che questa metodologia sia difettosa a causa della sua eccessiva semplificazione delle caratteristiche dei prodotti, determinando una perdita di informazioni preziose.

L’intervista affronta anche la complessità nell’impostare obiettivi appropriati per service level e safety stock. Vermorel sottolinea la complessità intrinseca di questo compito, sfidando l’idea convenzionale di suddividere il problema in parti apparentemente più semplici come i service level e le safety stock.

Vermorel mette in discussione l’ipotesi implicita secondo cui affrontare separatamente i service level o le safety stock semplifichi il problema. Egli suggerisce che le sfide che sorgono nel determinare la quantità appropriata da reintegrare sono le stesse nell’individuare il giusto service level. Le complessità implicate in entrambi i processi sono simili, rendendo nessuno dei due più semplice dell’altro.

Spiegando il suo punto di vista, Vermorel distingue tra le decisioni tangibili e dirette riguardanti le quantità d’inventario e il concetto astratto di service level. Egli sottolinea che le decisioni tangibili sull’inventario hanno conseguenze chiare e misurabili sulla supply chain, a differenza delle nozioni astratte dei service level. Di conseguenza, sostiene che concentrarsi su azioni tangibili e misurabili piuttosto che su concetti astratti potrebbe semplificare il problema.

Vermorel passa poi a criticare strumenti come l’analisi ABC XYZ, utilizzati per definire le politiche d’inventario. Descrive questi strumenti come “meccanismi di priorizzazione dell’attenzione” destinati ad assistere gli esseri umani nel prendere decisioni d’inventario. Sebbene questi strumenti possano essere utili per dare priorità a quali prodotti prestare attenzione in base al volume delle vendite, Vermorel suggerisce che non semplificano fondamentalmente il problema iniziale.

Infatti, Vermorel sostiene che l’attenzione rivolta allo sviluppo di strumenti per aiutare gli esseri umani a dare priorità nell’assunzione delle decisioni ci ha allontanato dal problema iniziale. Questo spostamento, che egli paragona al concetto di “Yak shaving” nel software, ha portato a tentare di risolvere un problema molto più complicato: come presentare al meglio le informazioni agli esseri umani per la presa di decisioni.

Critica questo approccio, sottolineando che se i computer vengono utilizzati per risolvere il problema fin dall’inizio, non c’è bisogno di dare priorità all’attenzione degli esseri umani. Il computer dovrebbe essere autorizzato a risolvere il problema nella sua interezza, senza interferenze umane in ogni fase del processo.

Doherty spinge Vermorel sul suo rigetto della varianza della domanda come “questione tangenziale”. Vermorel risponde ribadendo il suo argomento centrale: il problema iniziale era prendere la decisione d’inventario corretta. Tuttavia, se gli esseri umani fanno parte del processo, la loro capacità limitata di elaborare informazioni richiede una priorizzazione. Strumenti come l’analisi ABC XYZ sono stati creati per facilitare questo processo di priorizzazione, ma Vermorel suggerisce che ciò ci abbia allontanato dal problema originale.

Invece, Vermorel propone che a ogni prodotto venga assegnato un rango in base al volume delle vendite. Egli suggerisce che il sistema di ranking offra un modo più informativo di classificare i prodotti, in quanto conserva più dati. Questo sistema si allinea con le capacità computazionali dei moderni computer, permettendo un’analisi più precisa rispetto alla mente umana.

Vermorel critica ulteriormente l’idea che la mente umana sia il principale decisore nel supply chain management. Dato l’elevato numero di prodotti con cui un’azienda si confronta quotidianamente, egli suggerisce che vi sia una significativa limitazione nella capacità della mente umana di gestire efficacemente gli inventari. Implica che fare affidamento sulla tecnologia per gestire queste complessità sarebbe più efficace.

Discute la pratica di dividere i prodotti in categorie basate sui volumi di vendita, sfidando questo metodo in quanto porta a una perdita d’informazioni. Egli paragona questo metodo all’approssimazione di un cerchio con un poligono – più lati aggiungi, più si avvicina a un cerchio, ma non sarà mai una rappresentazione perfetta. Per Vermorel, la classificazione dei prodotti in poche categorie è una crude approssimazione della curva liscia e continua che rappresenta il rango di ogni prodotto basato sul volume delle vendite.

Passando al tema delle SKUs (Stock Keeping Units), Vermorel sostiene che trattare le SKUs in isolamento semplifica il problema ma non lo risolve efficacemente. Critica il metodo dello safety stock, che coinvolge service levels, poiché si basa su ipotesi sulla domanda futura e sul lead time, ma questi non sono distribuiti normalmente come suggerisce il metodo. Egli suggerisce che questo metodo possa portare a situazioni problematiche, come lead times negativi e vendite.

Vermorel afferma che il concetto di service level è fondamentalmente difettoso. Egli sottolinea che potrebbe sembrare intuitivo che un service level più elevato indichi una migliore soddisfazione del cliente. Tuttavia, il modello matematico sottostante ai calcoli dello safety stock non fornisce alcun spunto sulla soddisfazione del cliente.

Sottolinea l’importanza di trattare il supply chain management come un problema multidimensionale, data la diversità e la quantità di prodotti con cui la maggior parte delle aziende si confronta. Vermorel suggerisce che per le supply chain con un numero elevato di SKUs debba essere adottato un approccio diverso, poiché le proprietà emergenti complesse di un tale sistema differiscono fondamentalmente da quelle di un sistema semplice, a prodotto singolo.

Vermorel discute poi le complessità dell’ottimizzazione della supply chain. Proprio come comprendere una singola molecola non fornisce una conoscenza completa dell’acqua in tutte le sue forme, comprendere un prodotto non significa comprendere l’intera supply chain. Esiste un’enorme diversità e complessità nelle supply chain, con molti elementi non concepibili da una prospettiva a prodotto singolo.

Vermorel critica un approccio comune al supply chain management: l’analisi ABC XYZ. Osserva che i volumi di vendita non sono statici ma piuttosto dinamici, fluttuando ampiamente nel tempo. Anche un singolo prodotto può rientrare in categorie diverse durante il suo ciclo di vita, rendendo insufficiente il modello ABC XYZ, che percepisce il volume delle vendite come statico.

Questa mancanza di dinamicità è problematica poiché le aspettative dei clienti sono in costante evoluzione e le supply chain devono adattarsi di conseguenza. Se una panetteria è attesa per avere pane disponibile ogni giorno, qualsiasi stockout violerebbe il “contratto sociale”, danneggiando la percezione della qualità del servizio da parte del cliente. Questa percezione non è determinata dalla supply chain, ma dai clienti stessi.

Curiosamente, Vermorel osserva come il service level di un singolo prodotto non si traduca in un’esperienza soddisfacente per il cliente quando sono coinvolti più prodotti. Ad esempio, in un supermercato con un service level del 95% per ogni prodotto, un cliente che desidera 20 prodotti potrebbe non trovare tutto, riducendo il service level percepito a meno del 10%. Questa discrepanza illustra la notevole differenza tra i modelli matematici e le percezioni dei clienti.

Vermorel sottolinea che l’analisi ABC XYZ, nonostante il suo nome rassicurante (che implica sicurezza e controllo), manca di diversi fattori importanti. Non considera la varianza nel tempo, trascura la prospettiva del cliente, e non riconosce l’importanza delle combinazioni di prodotti nel cestino della spesa del cliente.

Il conduttore, Conor Doherty, aggiunge che se un cliente entra in un negozio con l’intenzione di acquistare un prodotto specifico e non riesce a trovarlo, potrebbe andarsene senza effettuare alcun acquisto, causando una perdita di potenziali vendite.

Vermorel critica l’analisi ABC XYZ come un meccanismo di priorizzazione dell’attenzione, affermando che non evidenzia gli elementi veramente rilevanti nel supply chain management. Concede che l’approccio Demand Driven Material Requirements Planning (DDMRP), che dà priorità ai prodotti in base alla divergenza dai buffer target, sia più ragionevole per la priorizzazione dell’attenzione.

Vermorel sostiene che l’Analisi ABC XYZ non è un approccio utile per conciliare le complessità delle supply chain. Argomenta che si basa su una serie di presupposti errati e che i tentativi di ripararlo si limiterebbero ad applicare “nastro adesivo” su un metodo che si muove nella direzione sbagliata. Invece, egli sostiene un approccio che apprezza le complessità e la dinamicità delle supply chain e l’importanza della prospettiva del cliente.

Vermorel approfondisce poi il ruolo della tecnologia nel supply chain management, sottolineando che solo recentemente le macchine sono diventate abbastanza capaci da automatizzare le decisioni nella supply chain. Questa evoluzione, osserva, è relativamente lenta rispetto ai progressi tecnologici dell’era moderna. Illustra questo punto con un’analogia storica: la transizione dalle aziende che generavano la propria elettricità all’acquisto dalla rete è durata circa 40 anni, nonostante i benefici evidenti della seconda opzione.

La conversazione si sposta poi per concentrarsi sugli approcci ABC e ABC XYZ ai pattern di domanda, entrambi ritenuti carenti da Vermorel. Critica la loro natura statica e astratta, sostenendo che non rappresentano accuratamente i fenomeni del mondo reale. Ad esempio, illustra che le categorie di prodotti possono essere instabili nel tempo e la loro classificazione può saltare da una categoria all’altra nell-ABC analysis, risultando in un valore sostanziale nullo per le aziende.

Continuando su questa linea, Vermorel critica la matrice ABC XYZ come una mera illusione di pattern, che offre alle aziende una falsa sensazione di accuracy scientifica, mentre la realtà è molto più caotica e sfumata. Egli sostiene che queste classificazioni possano essere arbitrarie, portando a una semplificazione eccessiva di uno spettro continuo e complesso di categorie di prodotti.

La discussione si concentra poi su un approccio probabilistico al supply chain management. Vermorel sottolinea il valore delle previsioni probabilistiche come strumento per catturare ed elaborare una quantità significativa di informazioni, utile nella valutazione dell’incertezza. Questo metodo, suggerisce, è particolarmente vantaggioso perché consente una comprensione più sfumata dei rischi, permettendo alle aziende di prendere decisioni più informate sulle quantità d’inventario.

Vermorel approfondisce quindi il ruolo della tecnologia nel supply chain management, sottolineando che solo recentemente le macchine sono diventate sufficientemente capaci da automatizzare le decisioni della supply chain. Quest’evoluzione, osserva, è relativamente lenta rispetto ai progressi tecnologici dell’era moderna. Illustra questo punto con un’analogia storica: la transizione dalle aziende che generavano la propria elettricità a comprarla dalla rete ha impiegato circa 40 anni, nonostante i benefici apparenti di quest’ultima.

La conversazione si sposta per concentrarsi sugli approcci ABC e ABC XYZ ai modelli di domanda, entrambi giudicati carenti da Vermorel. Egli critica la loro natura statica e astratta, sostenendo che non riescono a rappresentare in modo accurato i fenomeni reali. Ad esempio, illustra come le categorie di prodotto possano essere instabili nel tempo e la loro classificazione possa saltare da una categoria all’altra nell’analisi ABC, senza apportare un valore sostanziale alle aziende.

Continuando su questo tema, Vermorel critica la matrice ABC XYZ definendola una mera illusione di pattern, che dà alle aziende una falsa sensazione di accuratezza scientifica quando la realtà è molto più caotica e sfumata. Sostiene che queste classificazioni possono essere arbitrarie, portando a una semplificazione eccessiva di uno spettro complesso e continuo di categorie di prodotto.

La discussione si sposta poi su un approccio probabilistico al supply chain management. Vermorel sottolinea il valore delle previsioni probabilistiche come strumento per catturare ed elaborare una quantità significativa di informazioni, utile nella valutazione dell’incertezza. Questo metodo, suggerisce, è particolarmente vantaggioso perché consente una comprensione più sfumata dei rischi, permettendo ulteriormente alle aziende di prendere decisioni più informate sulle quantità di inventario.

Vermorel evidenzia due vantaggi delle previsioni probabilistiche: offrono informazioni più dettagliate sul sistema e permettono di collegare la visione finanziaria con l’anticipazione del futuro. A differenza delle previsioni puntuali, le previsioni probabilistiche si adattano a numerosi metodi che possono riformulare la qualità delle decisioni in termini di euro o dollari.

Vermorel sostiene che l’approccio alle previsioni ABC XYZ rappresenti un vicolo cieco a causa della sua incapacità di collegare in modo sensato i risultati metrici con quelli finanziari. Critica i tentativi di colmare questo divario utilizzando l’intelligenza artificiale o il machine learning, che paragona all’installazione di un motore a reazione su una macchina lenta. Tali soluzioni, suggerisce, sono inutilmente complicate e trascurano problemi fondamentali che potrebbero essere affrontati in modo più semplice ed efficace.

Il fondatore di Lokad enfatizza anche l’importanza dell’ingegneria di qualità nel supply chain management. Avverte contro la complessità eccessiva dei sistemi di supply chain e incoraggia a focalizzarsi sulla risoluzione dei problemi fondamentali. Ad esempio, cita lo scenario ipotetico di un supermercato che non tiene in magazzino una marca popolare di pannolini, facendo sì che i clienti se ne vadano, come un problema che non verrà risolto da metodi di previsione troppo complicati.

Vermorel consiglia a chi è incerto sulle previsioni probabilistiche di mettere in discussione le proprie assunzioni e di interrogarsi sul ragionamento alla base del metodo ABC XYZ. Sostiene che, pur facendo ciò a cui è destinato (cioè, creare una matrice di prodotti aggregati in cluster lungo due dimensioni), la logica e la visione sottostanti al metodo sono difettose e probabilmente datate.

Doherty suggerisce che due cose apparentemente contraddittorie possano essere vere contemporaneamente: un metodo datato può funzionare per un certo periodo pur non essendo la soluzione migliore. Vermorel approfondisce questo punto, implicando che le aziende spesso confondono il fatto di “funzionare” con il funzionare in modo ottimale. Fornisce un’analogia sul trasporto dell’acqua in secchi: sebbene tecnicamente funzioni, esistono alternative migliori.

Sia Doherty che Vermorel concordano sull’importanza di riconoscere l’ambiguità intrinseca nel supply chain management e la necessità di flessibilità. L’intervista si conclude con l’esortazione di Vermorel a riesaminare continuamente e mettere in discussione le pratiche consolidate della supply chain.

Trascrizione completa

Conor Doherty: Bentornati a LokadTV. Impostare adeguati livelli di servizio e obiettivi di scorte di sicurezza è complicato, con un’infinità di opzioni sul mercato e fornitori che cercano di vendervi soluzioni. Uno di questi strumenti è l’analisi ABC XYZ, e qui per aiutarmi ad analizzarla c’è il fondatore di Lokad, Joannes Vermorel. Iniziamo direttamente dall’inizio - livello di servizio, scorte di sicurezza, tutte queste politiche di inventario. Perché sono così difficili da impostare?

Joannes Vermorel: Esistono molteplici opzioni per rispondere a queste domande. Quello che percepiamo come sotto-problemi non lo sono realmente. Ad esempio, parliamo dei livelli di servizio. C’è un’assunzione implicita che scegliere i livelli di servizio sia in qualche modo più semplice, come una parte minore del problema complessivo. Se riuscissi a gestire quello, allora gestiresti anche le altre cose. L’assunzione implicita è che abbiamo scomposto il problema. La sfida consiste nel scegliere la quantità giusta per l’inventario da produrre, immagazzinare o allocare. Quando dici “livello di servizio” o “scorta di sicurezza”, stai implicitamente scomponendo il problema. Metto in discussione l’idea che questa scomposizione renda il problema più semplice rispetto all’originale. Quando affronti il problema del livello di servizio, ti trovi di fronte a una sfida che è altrettanto difficile e variabile quanto il punto di partenza. Quindi, non sorprende se impostare un livello di servizio non risulti più facile che determinare direttamente la quantità effettivamente da reintegrare.

Conor Doherty: Quindi, se potessi riformulare il problema a modo tuo, come lo vedi?

Joannes Vermorel: In un contesto di ottimizzazione dell’inventario, stiamo cercando di prendere una decisione. La decisione è tangibile. Si tratta di quante unità allocare, produrre o acquistare. Questa decisione avrà conseguenze molto tangibili sulla tua supply chain. A differenza, per esempio, di decidere di avere un livello di servizio del 97% in questo negozio. Quello è un’astrazione. Non esiste un livello di servizio del 97% in senso reale. Può essere un artefatto utile, ma non è qualcosa che abbia un corrispettivo tangibile nella tua supply chain. Quando dico che è un’astrazione, intendo che il livello di servizio comporta una miriade di problemi aperti che non si hanno quando si prende una decisione. Se decido di allocare 10 unità a un negozio, non c’è nessuna ambiguità. Posso misurare dopo un po’ che ho deciso di allocare 10 e che effettivamente 10 unità sono state spostate. Tuttavia, non è così con un livello di servizio. Se si presentano più clienti di quanto mi aspettassi, in realtà non otterrò un livello di servizio del 97%. Ecco perché lo considero un artefatto piuttosto che qualcosa di tangibile che rifletta la realtà di base della tua supply chain.

Conor Doherty: E quanto di quanto hai appena descritto viene effettivamente catturato utilizzando uno strumento come l’analisi ABC XYZ, o il suo predecessore, l’ABC?

Joannes Vermorel: I professionisti del supply chain vogliono arrivare a una decisione. Se ti limiti a guardare i numeri e a stimare ciò di cui hai bisogno, è un modo molto a bassa tecnologia per farlo. Molti negozi funzionano ancora in questo modo. È tutto basato sull’approssimazione, e funziona. Tuttavia, questo metodo appare grezzo, perciò le persone cercano di affinarlo. Poi si imbattono in un problema: hanno molti prodotti e si rendono conto che la persona che guarda l’elenco dei prodotti non rivedrà ogni singolo caso ogni giorno. Di conseguenza, abbiamo bisogno di un qualche tipo di meccanismo di prioritizzazione dell’attenzione. Un modo è ordinare i prodotti dal volume di vendite più alto a quello più basso. Puoi partire dall’inizio e procedere a ritroso, decidendo di esaminare ogni giorno i primi 10, metà dell’elenco settimanalmente e l’elenco completo solo una volta al mese. Questo è qualcosa che potresti fare, ed è più o meno l’essenza dell’ABC. Ma ciò che rende interessante l’ABC XYZ è che è fondamentalmente una variazione di questo. È un meccanismo di prioritizzazione dell’attenzione pensato per gli esseri umani.

Adesso, a questo punto, penso che dovremmo mettere in discussione quale problema stiamo cercando di risolvere. Abbiamo iniziato con il problema di voler scegliere la giusta quantità di inventario da allocare, produrre o acquistare. È qualcosa di molto tangibile e diretto. Tuttavia, sembra che siamo passati da questo problema ad un altro, che consisteva nel determinare il livello di servizio e anche le scorte di sicurezza.

Poi siamo entrati in un ulteriore problema, quello della prioritizzazione dell’attenzione. Il modello che sto vedendo emergere è qualcosa che, nel campo del software, è noto come Yak shaving. Quindi, volevi fare qualcosa di molto semplice come, “Voglio aggiornare Windows 10 a Windows 11.” Ma poi finisci per fare qualcosa apparentemente non correlato, come aprire i computer, sostituire dadi e bulloni all’interno dei computer. Avevi in mente un obiettivo molto chiaro, ma sei stato distratto nel fare qualcosa solo tangenzialmente connesso al compito originale.

Esattamente questo è ciò che stiamo facendo qui con il nostro problema di ottimizzazione dell’inventario. Abbiamo iniziato con un problema che era “Scegliamo la giusta quantità da allocare, produrre o acquistare.” E ora stiamo cercando di risolvere un problema molto più complicato: “Come dovrei effettivamente organizzare le informazioni da presentare a questo essere umano?”

Tuttavia, questo è un problema molto complicato. E non è affatto chiaro che risolvere questo problema sia il modo migliore per rispondere alla nostra domanda originale. Per esempio, supponiamo di avere due numeri e di volerli sommare. Dovrei davvero pensare a progettare un sistema che possa presentare i passaggi intermedi a un essere umano per verificare che la somma sia corretta? Questo è di ordini di grandezza più complicato rispetto al semplice progettare un circuito per eseguire la somma.

La mia critica qui all’approccio ABC XYZ è che abbiamo iniziato da un problema che sembrava molto complicato. In realtà lo è. Abbiamo cercato di scomporre questo problema, ma siamo stati distratti. Ora stiamo cercando di risolvere un altro problema che è quasi come la psicologia empirica: come organizzare una corretta prioritizzazione dell’attenzione per gli esseri umani. Ma se si intende utilizzare un computer per risolvere questo problema in primo luogo, perché aver bisogno di prioritizzare l’attenzione dell’umano? Fai semplicemente in modo che il computer risolva il problema per te.

Conor Doherty: Se posso spingerti un po’ su questo, perché ho seguito, ma a titolo di esempio per il pubblico, capisco che l’analisi ABC si basa generalmente sul volume delle vendite o sul fatturato. Decomponiamo i nostri SKU in tre categorie: A, B, C. XYZ è una seconda dimensione, in genere la varianza della domanda. E se ho capito correttamente, stavi essenzialmente liquidando la quantificazione della varianza della domanda come una questione tangenziale. Potresti spiegare perché?

Joannes Vermorel: Abbiamo iniziato con un problema che era: vogliamo avere la decisione giusta sull’inventario espressa come quantità. Ci siamo resi conto che se coinvolgiamo un essere umano nel processo, quest’ultimo ha una capacità limitata di elaborare informazioni. Quindi, dobbiamo dare priorità a questo aspetto. Se facciamo semplicemente una prioritizzazione di base dal volume di vendite più alto a quello più basso, arriviamo all’ABC.

Una volta ottenuto ciò, dobbiamo supportare ulteriormente questo operatore umano aiutandolo ad avere un’idea di quale scorta di sicurezza e livello di servizio sarebbero appropriati per ciascuna di queste linee. Ma questo è semplicemente scomporre il problema in un modo adatto alla mente umana per essere elaborato.

Lo scopo dell’XYZ è aggiungere un’altra dimensione che riguarda il grado di rumore o variazione in questa lista. Quindi prendiamo il primo, diciamo, il dieci percento dei top seller dei nostri prodotti, e poi vogliamo suddividere questa lista in blocchi che rappresentano il grado di rumore ambientale per ogni prodotto. Così, invece di avere semplicemente un elenco di segmenti, si ottiene una matrice. Questo è l’ABC XYZ per voi.

Ma fondamentalmente questo è qualcosa progettato come un metodo per la mente umana. La domanda che dovresti porti è: se voglio che una macchina gestisca l’intero processo, c’è qualche vantaggio in questa segmentazione? Mi aiuta a risolvere il problema?

Assolutamente no. I critici presumibilmente sottolineerebbero che creando, in generale, una matrice di nove categorie, è possibile identificare la varianza e gli SKU con il contributo più alto. Poi si possono impostare livelli appropriati, come ad esempio, quanta scorta di sicurezza desidero per quello? Qual è il livello per ogni SKU? C’è una variazione, per esempio, tra AX e CZ. Supponiamo per un attimo che quelle due dimensioni siano informative. Beh, dal punto di vista di un computer, perché dovresti considerare gruppi discreti? Perché avere una mezza dozzina di sotto-gruppi per il volume e un’altra mezza dozzina per la varianza? Potresti semplicemente usare i ranghi, così da classificare i prodotti dal volume di vendite più alto a quello più basso. Puoi avere un numero che ti dà il rango esatto all’interno del tuo portafoglio per il volume. Poi potresti fare lo stesso per la varianza.

I ranghi ti forniscono decisamente più informazioni. Se guardi le tue classi in senso ABC o XYZ, la classe è solo un’approssimazione del rango. Questa approssimazione serve solo a rendere le informazioni più digeribili per la mente umana. Ma dal punto di vista di un computer, basta mantenere il rango. Il rango ti fornisce decisamente più informazioni. La classe è una rappresentazione ridotta; si perde molta informazione. Nulla di buono deriva da questa perdita di informazioni.

Se abbiamo detto che quelle due dimensioni sono rilevanti, non sto dicendo che siano irrilevanti. Sto solo dicendo che, per quanto riguarda la scomposizione dimensionale del tuo problema, quelle dimensioni sono arbitrarie. Non è molto chiaro che sia il modo migliore di procedere. Se ti limiti a guardare quelle due dimensioni e a preservare i ranghi, avrai qualcosa che, come indicatori, creerà una coppia di ranghi per ogni singolo prodotto. Questa coppia di ranghi è decisamente più informativa della tua coppia di classi.

Non si tratta soltanto di un metodo che considera il volume e la varianza di interesse; è stato progettato fin dall’inizio per avere la mente umana come elaboratore di queste informazioni. E qui è dove mi interrogo: perché mai vorresti questo in primo luogo? Abbiamo computer super potenti. Pensi che ci sia qualcosa che richieda l’anima umana per prendere quelle decisioni sull’inventario?

Se osserviamo un negozio che ha 10.000 prodotti, tutte queste cose ruotano ogni giorno. Pensi che ci sia qualcosa per la persona che spenderà, in media, qualcosa come quattro secondi per prodotto? Ci sarà qualcosa come una scintilla di genio iniettata in ciò?

Non sto mettendo in discussione il fatto che la mente umana possa fare cose incredibili quando le vengono dati tempo e risorse. Se prendi un Albert Einstein e gli dai mesi o anni, può fare cose incredibili, ben al di là di quello che possiamo fare con le macchine. Ma questo non è il contesto in cui operiamo nella supply chain. Le persone sono sotto un’enorme pressione per portare a termine le cose.

Quindi, se osserviamo quanti secondi di potenza cerebrale riesci ad allocare per SKU, di solito sono pochissimi. Per la maggior parte dei settori, si tratta di pochi secondi per SKU al giorno. Abbiamo discusso delle categorie, ma non abbiamo discusso di come esse siano calibrate. Questo è il risultato di molte menti umane, per quanto ne capisca.

Ma se vedi che puoi assegnare i ranghi e ora puoi decidere, grazie ai percentili, che ci sarà una divisione, puoi dire che la categoria A arriva fino al percentile 10. È il top 10 oppure, in alternativa, il percentile A corrisponde al top due percento, perché quando tracci tutti i prodotti dal più venduto al meno venduto, ciò che ottieni è quasi invariabilmente una curva di Zipf, come ho accennato in una delle mie lezioni. Questa curva è continua, senza plateau o divisioni discrete, è completamente liscia.

È come approssimare un cerchio nei vecchi videogiochi in cui dovevi approssimare il cerchio con un poligono. Se facevi un ottagono, ottenevi un cerchio a bassa risoluzione. Aggiungendo più lati, ti avvicini visivamente a un cerchio. Se hai migliaia di lati, ottieni qualcosa che assomiglia molto a un cerchio.

Ma quello che vedo qui è come se stessi cercando di approssimare un cerchio con un quadrato. Se hai quattro classi, stai approssimando il tuo segmento con un quadrato. Se ne hai cinque, avrai un pentagono e così via. Più classi aggiungi, migliore sarà la tua approssimazione. Ma se elimini del tutto l’approssimazione, rimani con il rango di ogni singolo prodotto.

Quindi, direi, non introdurre gruppi, attenersi ai ranghi. Se supponi che il volume e la varianza siano dimensioni utili, cosa che contesto, allora quei ranghi ti forniscono una versione più informativa di queste due dimensioni. Qualsiasi meccanismo di raggruppamento che introduci degraderà questa informazione.

Conor Doherty: Questo transita molto fluidamente alla prospettiva del basket, che è qualcosa di cui sono davvero interessato per rispondere a questo problema. Tratta gli SKU in combinazione piuttosto che in isolamento. Come si inserisce questo nella conversazione?

Joannes Vermorel: Abbiamo iniziato con un problema semplice, almeno semplice nella sua espressione: scegliere la giusta quantità di inventario da allocare, produrre, acquistare o salvare. Siamo stati distratti da un metodo ampiamente utilizzato che coinvolge il livello di servizio e le scorte di sicurezza, ma contesto davvero la validità di questi metodi.

La prospettiva del livello di servizio deriva da assunzioni storicamente semplificate sulla domanda futura, in cui prevediamo un errore distribuito normalmente rispetto alla domanda, lo stesso per il lead time. Tuttavia, l’incertezza non è distribuita normalmente, ma questo è un altro problema.

Una volta ottenuta la nostra distribuzione normale, che è una Gaussiana, scegliamo un parametro, il quantile che produce lo stesso effetto del livello di servizio. Quello mi darà una quantità target che dovrei mantenere per il mio inventario. Questa scorta di sicurezza è il risultato della differenza tra la media e il quantile quando si osserva una distribuzione unidimensionale.

Ma a causa del fatto che si tratta di una distribuzione normale, essa si estende all’infinito in entrambe le direzioni. Il modello classico delle scorte di sicurezza ti dà alcuni risultati strani, come tempi di consegna negativi e vendite negative, che sono davvero bizzarri ma fanno parte del modello.

Questo significa che puoi scegliere un valore di livello di servizio che può fornirti qualsiasi quantità target di scorta, da più infinito a meno infinito, a seconda di come imposti il tuo livello di servizio. Questo non è teorico, è letteralmente quanto ti dice la matematica. Quindi, ogni volta che hai una Gaussiana, scegli il tuo quantile, e questo può assumere qualsiasi soglia finale, da meno infinito a più infinito.

Conor Doherty: Puoi spiegare il concetto di livello di servizio nel supply chain management?

Joannes Vermorel: Quando si considerano i livelli di servizio, è fondamentale comprendere che l’intervallo può spaziare da meno infinito a più infinito. In effetti, il tuo livello di servizio è identico alla quantità che decidi di rifornire. Per ogni quantità che scegli di rifornire, esiste un corrispondente livello di servizio inteso come una distribuzione normale. Non è solo un’analogia; è un’equivalenza matematica. Per ogni quantità di cui sei a conoscenza, se hai un modello di scorte di sicurezza, ci sarà un livello di servizio corrispondente in questo contesto di distribuzione normale.

Ora, le persone potrebbero avere l’illusione che, poiché il livello di servizio è espresso come percentuale, sia più semplice o più facile. Questa è un’illusione. L’unica cosa leggermente positiva è che aiuta a normalizzare la scala, poiché tutti i tuoi prodotti hanno volumi e bias differenti. Esprimere la quantità da allocare, acquistare o produrre come obiettivo di livello di servizio la rende indipendente dal volume e dai bias. Tuttavia, si tratta di un argomento debole.

Il termine “service level” può essere fuorviante perché le persone possono pensare che un service level molto elevato sia sempre percepito positivamente dai clienti. Questo è un fraintendimento. La matematica del modello delle scorte di sicurezza non dice nulla sulla soddisfazione del cliente. Le persone tendono a pensare che, se puntano a un service level elevato, debba essere positivo per i clienti. Ma questo è un completo non sequitur.

Conor Doherty: Puoi approfondire il motivo per cui questa percezione del service level potrebbe essere un problema?

Joannes Vermorel: Il problema nasce dalla nozione ingenua di equiparare la qualità del servizio a un problema unidimensionale. Questo potrebbe essere stato vero nel XVIII secolo per una panetteria che vendeva un solo prodotto, come il pane. Questa prospettiva unidimensionale esiste ancora in alcuni mercati delle commodity.

Ma la maggior parte delle supply chain moderne si occupa di migliaia, se non di decine di migliaia di prodotti. Quando moltiplichiamo il numero di SKU per il numero di sedi, possiamo facilmente arrivare a decine di migliaia, centinaia di migliaia o addirittura milioni di SKU per le grandi aziende. Questo numero significativo di SKU sfida l’analisi unidimensionale.

Una differenza di magnitudine può trasformarsi in una differenza di tipo. Le proprietà emergenti che si manifestano quando hai una miriade di prodotti sono molto diverse da quelle che avevi con un solo prodotto.

Conor Doherty: Quando parli di proprietà emergenti, potresti approfondire l’argomento? Mi sembra un dettaglio importante.

Joannes Vermorel: Sì, certo. Un esempio di proprietà emergente è come una molecola d’acqua si comporta in modo diverso a seconda del suo stato – che sia gassoso, liquido o solido. Se volessi spiegare tutti i comportamenti che si possono osservare con l’acqua, ci vorrebbero settimane o mesi. Non è semplice come prendere una molecola e spiegarla in 30 minuti, cosa che potrebbe essere possibile con studenti delle scuole superiori. Lo stesso principio si applica quando si ha a che fare con una moltitudine di SKU in una supply chain, piuttosto che con un solo prodotto. Richiede un’analisi più complessa.

C’è il pericolo di pensare che, una volta compreso tutto su una singola molecola d’acqua, si sappia tutto sull’acqua stessa. Non è proprio così. Analogamente, quando dici: “Ho un modello che spiega un prodotto, e ora posso spiegare la mia supply chain, che è composta da molti prodotti”, ti consiglierei di fare attenzione. Ci sono molte cose non concepibili nel tuo scenario a prodotto singolo. Questo è solo un esempio semplificato che non riflette le vere complessità della tua supply chain.

Anche considerando un solo prodotto, ci sono variazioni nel tempo. Ad esempio, se consideri un solo prodotto in isolamento, la sua classifica fluttuerebbe notevolmente nel tempo. La maggior parte dei prodotti ha un ciclo di vita in cui inizialmente partono lentamente, poi accelerano, raggiungono un plateau e infine declinano. Quindi, questo modello unidimensionale, che considera il volume delle vendite come se fosse statico, è errato. È dinamico, e questa è un’altra dimensione che spesso viene trascurata.

Parte della qualità del servizio è questo comportamento dinamico, dipendente dal tempo. Se prendiamo l’esempio di una panetteria, i clienti si aspettano di trovare pane ogni giorno. Qualsiasi esaurimento di scorte rappresenta una violazione di questo patto sociale.

Al contrario, se sei una panetteria inaffidabile che ha pane solo un giorno su due, ma il tuo pane è molto più economico della concorrenza, i clienti potrebbero comunque essere soddisfatti. Hanno un’aspettativa predefinita del tuo servizio.

La qualità del servizio non risiede nella tua supply chain – è fondamentalmente nella mente dei tuoi clienti. Non tutti saranno d’accordo su questo, quindi è incoerente. Se iniziamo ad aggregare queste aspettative, si può finire per trarre conclusioni fuorvianti.

Quando aggiungiamo più prodotti nel mix, entra in gioco un’altra dimensione. Se i clienti desiderano più prodotti, dobbiamo verificare se riescono a trovare una combinazione che abbia senso per loro. Un errore comune è presumere che se tutti i miei prodotti hanno un 100% service level, allora tutte le combinazioni di prodotti avranno anch’esse un 100% service level. Questo è vero solo se non si esauriscono mai le scorte, cosa quasi impossibile.

Quando inizi ad esaminare la probabilità di disponibilità o indisponibilità delle combinazioni di prodotti, ti ritrovi con una prospettiva molto diversa da quella che può offrire un semplice modello di scorte di sicurezza/livello di servizio.

Per illustrare questo, prendiamo l’esempio di un supermercato che ha un 95% di service level per tutti i suoi prodotti, il che è piuttosto buono. In Europa, in media, c’è un 7% di esaurimento degli scaffali, quindi un 95% di service level è davvero positivo. Se hai un cliente che desidera 20 prodotti, che nemmeno rappresenta un grande basket, la probabilità che almeno uno di quei prodotti manchi è probabilmente alta. Dovrei fare i conti, ma assumendo una disponibilità indipendente, probabilmente hai meno del 10% di possibilità di trovare tutto.

Così, partiamo da quello che sembra essere molto buono dal punto di vista delle scorte di sicurezza e della domanda, dando l’impressione di un service level superiore al 95%. Ma dal punto di vista del cliente, probabilmente meno del 10% dei clienti che entrano nel negozio troveranno esattamente ciò che cercavano. Queste due cose possono essere vere contemporaneamente. Puoi avere un service level superiore al 95%, eppure meno del 10% dei tuoi clienti uscirà dal negozio soddisfatto.

E per quanto riguarda i prodotti che i tuoi clienti si aspettano ma che non fanno parte del tuo assortimento? Il service level è cieco in questo senso. Se c’è un prodotto molto richiesto, ma che semplicemente non possiedi, non verrà considerato come un esaurimento di scorte o come un service level pari allo 0%—non verrà contato affatto.

Ad esempio, se vado all’estremo e immagino un negozio pieno di prodotti che nessuno desidera, per definizione questo negozio ha un 100% di service level. Nessuno vuole quei prodotti, ma essendo in esposizione, il service level risulta perfetto. Più prodotti hai che nessuno desidera, migliore sarà il tuo service level. Questo è un problema completamente meccanico, un problema di questi modelli matematici.

Dobbiamo essere molto cauti, specialmente quando questi modelli hanno nomi che suonano positivi come “Safety Stock.” C’è una transizione non sequitur in cui le persone presumono che, essendo un modello matematico con un nome gradevole, debba essere buono per i clienti, ma questo è un salto ingiustificato.

Conor Doherty: Per riassumere quanto hai detto, è fondamentale comprendere la nostra critica all’ABC XYZ da una prospettiva di basket. I clienti non tendono ad acquistare in isolamento. La mancanza di accesso a un certo SKU può farli uscire dal negozio senza acquistare nulla, nemmeno lo SKU individuale.

Joannes Vermorel: Sì, e se torniamo all’intento originale, l’ABC XYZ dovrebbe essere un meccanismo decisionale per la prioritizzazione dell’attenzione degli umani. Ma è davvero un buon meccanismo per dare priorità all’attenzione? Direi decisamente di no. Come meccanismo di prioritizzazione, è scarso—non mette in evidenza nulla di veramente rilevante.

E sebbene non sia un grande fan del DDMRP, ammetto che, come meccanismo di prioritizzazione dell’attenzione, il modo in cui il DDMRP definisce i buffer e prioritizza i prodotti in base alla divergenza dai buffer target ha più senso rispetto all’ABC XYZ. Almeno in questo senso è accettabile. L’ABC XYZ non lo è.

Conor Doherty: Esiste un modo per conciliare l’ABC XYZ come strumento di prioritizzazione dell’attenzione con queste problematiche appena descritte, in particolare la prospettiva del basket?

Joannes Vermorel: No, non esiste. Parti da una serie di premesse errate. Innanzitutto, affermi di voler avere un essere umano nel circuito, cosa che contesto. Poi commetti un secondo errore con un modello mono-prodotto, mono-SKU con l’assunzione integrata di una distribuzione normale. È molto grave. Porta a risultati catastrofici. Successivamente, se fai un’altra assunzione errata riguardo a una discretizzazione del tuo spazio, non aggiungi alcuna informazione, anzi, la perdi. Siamo stati distratti da tensioni che peggiorano sempre di più.

Ora ci rendiamo conto di aver accumulato numerosi difetti. Stiamo cercando di ripararli con quello che potrebbe essere paragonato al nastro adesivo, riaggiungendo variabili che ci ottengono l’ABC XYZ. Potremmo tentare altre soluzioni per correggere il metodo, ma in realtà stiamo andando nella direzione sbagliata. Ogni ulteriore passo è solo un ulteriore strappo di nastro adesivo. Non è una buona ingegneria.

Il processo che stai elaborando non è per nulla buono. Aggiungere altre patch non lo renderà migliore. L’unica soluzione è tornare indietro e rivedere le assunzioni fatte. Sono davvero valide? In caso contrario, dovresti riconsiderare completamente l’approccio che stai adottando.

Se torniamo al punto di partenza, abbiamo iniziato con un problema tangibile: prendere decisioni per l’inventario. Ma durante il nostro percorso nell’affrontare il problema, abbiamo fatto molte assunzioni, e ora stiamo pagando il prezzo di quegli errori. Una volta commessi molti errori, non puoi semplicemente fare una seconda dimostrazione per risolvere il tuo problema.

Questo è simile a quando chiedi a un matematico se una seconda dimostrazione può correggere una errata. La risposta è no. Non puoi risolvere il tuo problema con una seconda dimostrazione. L’unico modo è scartare la dimostrazione errata, rifare il lavoro e solo allora potrai seguire un percorso corretto. È lo stesso con il software. Se hai assunzioni errate, non puoi correggerle dopo. Devi tornare al punto in cui hai commesso l’errore, correggerlo e poi proseguire sul tuo cammino.

Molte aziende hanno sviluppato intere prassi basate su ipotesi errate. Poiché le supply chain sono molto opache e complesse, le persone possono operare per decenni senza accorgersi di nulla di meglio.

Sono passati solo 20 anni da quando abbiamo avuto macchine informatiche sufficientemente potenti da automatizzare le decisioni della supply chain a basso costo. I computer moderni, capaci di gestire la complessità di una supply chain moderna, non sono esistiti per sempre. Esistono da un tempo relativamente lungo, ma non da secoli. Per molte grandi aziende che operano supply chain, questa automazione è diventata possibile solo 20 anni fa.

Per fare un paragone, ci sono voluti circa 40 anni negli Stati Uniti e in Europa per passare da aziende che producevano la propria elettricità all’acquisto di elettricità dalla rete. Adottare una tecnologia può essere un processo lento. Alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX, sia in Europa che negli Stati Uniti, ci sono voluti circa 40 anni per passare dalla generazione interna di elettricità all’acquisto dalla rete.

Quindi, in termini di scala temporale, lo sviluppo di macchine capaci di eseguire tutti questi calcoli senza il coinvolgimento umano in ogni fase del processo è ancora relativamente recente.

Conor Doherty: Torniamo un attimo indietro. Hai parlato dell’approccio statico dell’ABC e, per estensione, dell’ABC XYZ. Puoi approfondire un po’ entrambi gli approcci, o eventuali approcci alternativi, verso i modelli di domanda?

Joannes Vermorel: Beh, stiamo classificando i nostri prodotti secondo due dimensioni - la media, ovvero il volume di vendita, e la varianza. Ma sono ancora astrazioni. Non sono reali. Non esiste un volume di vendita istantaneo. Non esiste. Questa è la differenza tra decisioni tangibili, come spostare 10 unità, e dire: “Questi prodotti, in media, vendono 0,5 unità al giorno.” Non esiste una cosa del genere. L’unica cosa che puoi dire è che nelle ultime due settimane hai venduto circa sette unità, che si avvicinano a 0,5 unità al giorno.

Conor Doherty: Come valuti questo volume in termini di gestione della supply chain?

Joannes Vermorel: Questo volume e la varianza sono indicatori statistici. La questione è quanto siano stabili nel tempo. Abbiamo effettuato numerosi test presso Lokad, e abbiamo osservato che per la maggior parte delle aziende, anche considerando solamente l’analisi ABC, una parte significativa dei prodotti cambia categoria da un trimestre all’altro. Se si guarda a qualcosa di più preciso, come su base mensile, il numero di prodotti che cambierebbero categoria aumenterebbe significativamente.

Conor Doherty: Quindi ci sono problemi con questo metodo di classificazione?

Joannes Vermorel: Sì, il problema della classificazione, specialmente quando si approfondisce l’analisi ABC o XYZ, è che si moltiplica il numero di cambi di categoria dei prodotti. Se raddoppi il numero di categorie, vedrai che tra l'80 e il 90 percento dei prodotti cambierà categoria da un trimestre all’altro. Questo non fornisce informazioni preziose sulla tua azienda; è semplicemente rumore.

Questi indicatori erano in qualche modo spazzatura perché creavano l’illusione di un modello. Potrebbe sembrare scientifico, ma in sostanza vendono un’illusione. Organizzare i prodotti in una matrice può sembrare matematico, ma sono solo classifiche arbitrarie determinate da un comitato.

Ad esempio, quando classifichi le persone in ricche, medie, classe media e povere, ti trovi di fronte a uno spettro continuo. Le tue soglie sono completamente arbitrarie. Lo stesso problema esiste quando classifichi i tuoi prodotti.

Conor Doherty: Allora, qual è la tua prospettiva su un approccio probabilistico?

Joannes Vermorel: L’approccio probabilistico è difficile da confrontare perché rappresenta un cambiamento di paradigma completo. La prima grande differenza è se abbiamo bisogno o meno degli esseri umani nel ciclo. La quantitative supply chain dice di no. Vogliamo avere il meglio che l’hardware e il software di calcolo moderni possono offrire per la supply chain. Che coinvolga o meno umani è relativamente accidentale.

Quindi, se la supply chain coinvolge o meno gli umani è in qualche modo secondario. Le previsioni probabilistiche sono molto interessanti a questo proposito perché forniscono un’enorme quantità di informazioni. Siamo passati dalle classi, che fanno perdere molte informazioni, alle classifiche, che forniscono una misura istantanea. Ma le previsioni probabilistiche offrono un tipo di precisione differente. Invece di un indicatore a punto singolo, abbracciamo l’incertezza, rappresentando l’incertezza ambientale che abbiamo sul sistema. Perché è importante? I computer non hanno i colli di bottiglia della mente umana e possono elaborare enormi quantità di informazioni. Questo metodo aiuta a raccogliere molte più informazioni sul tuo sistema, sulla tua supply chain, sui tuoi prodotti e altro, rispetto agli indicatori puntuali.

Sì, questo è un modo per vederlo da una prospettiva informativa, in termini di informazioni pure raccolte sulla tua situazione. Un’altra angolazione per guardare alle previsioni probabilistiche è quella della gestione del rischio. Alla fine, dobbiamo collegare le nostre decisioni a una qualche forma di analisi del rischio. Stiamo facendo tutta questa ottimizzazione dell’inventario per decidere le quantità da allocare, produrre e acquistare. La logica dietro queste decisioni dovrebbe essere espressa in termini di euro o dollari di errore e di guadagno.

Ricorda, la missione di un’azienda è essere redditizia. Sì, ci sono molte altre cose per cui un’azienda dovrebbe lottare, ma senza profitto l’azienda cesserà di esistere. Per le aziende che operano supply chain, i margini sono sottili, e la sopravvivenza non è scontata. Molte grandi aziende falliscono ogni anno. Pertanto, dobbiamo valutare le decisioni in termini di euro e dollari.

Quindi, le previsioni probabilistiche forniscono più informazioni sul sistema, ma aprono anche la strada a meccanismi che ti permettono di collegare la tua visione finanziaria con l’anticipazione del futuro. Consentono un set di informazioni più ricco e offrono metodi adatti a esprimere la qualità delle tue decisioni in termini di euro e dollari.

D’altra parte, metodi come l’ABC XYZ sono in qualche modo una strada senza uscita. Non offrono un modo efficace per collegare questi indicatori con l’esito finanziario desiderato. Puoi sempre progettare soluzioni complesse, ma questi metodi andrebbero meglio sostituiti da qualcosa che aggiri completamente la Matrice ABC XYZ.

Conor Doherty: Alcune persone sostengono che si potrebbe sfruttare l’IA o il machine learning per colmare il divario che hai appena descritto. Suggeriscono che l’IA potrebbe applicare efficacemente un “pezzo gigante di nastro adesivo” agli indicatori ABC XYZ per realizzare ciò di cui parli.

Joannes Vermorel: Stai implicando che abbiamo un metodo che genera una matrice inadeguata allo scopo, risultando in un input di scarsa qualità. Poi cerchiamo di collegarlo al nostro vero obiettivo. Tuttavia, il segnale di input è così imperfetto che ci vorrebbe una soluzione radicalmente sofisticata per colmare questo divario. Non è efficiente né efficace. Spesso, la gente si riferisce a questo approccio come un “nastro adesivo potenziato” dove l’obiettivo è collegare qualcosa di subottimale a un output, colmando questo divario mediante analisi avanzate. È come dire: “La mia macchina è troppo lenta, ingegniamo un motore aereo sopra la mia macchina perché è troppo lenta.” Sebbene ciò possa rendere la tua macchina più veloce, non è la soluzione giusta. È ingegneria troppo complicata.

Se la tua macchina non è abbastanza veloce, forse dovresti ripensare se il motore che ha è sufficientemente potente o se semplicemente c’è troppo peso nella macchina a causa delle cose che hai messo. La soluzione non dovrebbe sempre essere additiva. Ad esempio, montare un motore aereo sopra una macchina per renderla più veloce non è un’ingegnerizzazione sensata.

Gli esseri umani hanno un’incredibile difficoltà a collegare il valore di questi indicatori ai costi associati. Questo porta spesso all’invocazione di superpoteri analitici come l’IA o il machine learning. Questi sono spesso visti come magia, come se si invocasse un semidio dell’analisi dei dati per eseguire qualcosa di quasi magico per noi.

Anche se esistono casi in cui questi metodi avanzati possono funzionare, sostengo che si tratti di una complessità non necessaria. È come creare un aggeggio troppo complicato per il suo stesso bene. L’ingegneria di qualità riguarda la creazione di cose semplici e sostenibili, non il renderle il più complicate possibile.

Se introduci una complessità indebita, potresti passare più tempo a fare il debug di un algoritmo di machine learning super avanzato che comprendi a malapena, invece di concentrarti su problemi di base. Ad esempio, il tuo supermercato potrebbe non avere il marchio di pannolini che i genitori desiderano. I nuovi genitori potrebbero allontanarsi dal tuo negozio perché non vedono il marchio che si aspettano, e la tua analisi del livello di servizio o il sistema di IA non te lo direbbero.

Conor Doherty: Per concludere, cosa diresti a coloro che sono ancora sostenitori dell’ABC XYZ ma sono disposti a farsi guidare verso il prossimo passo?

Joannes Vermorel: Consiglierei loro di rivedere le proprie ipotesi e di mettere in discussione le loro visioni che stanno influenzando i loro requisiti. Non lasciatevi ingannare dall’argomento della tradizione. Solo perché qualcosa è stato fatto per decenni non significa che sia ancora rilevante. Due secoli fa, il lavoro numero uno a Parigi era portare l’acqua in secchi. Ovviamente oggi non è così.

Quando qualcosa è stato fatto per sempre, probabilmente aveva un certo valore in determinate condizioni. Non dovrebbe essere scartato senza attenta considerazione. Ma le ipotesi alla base del metodo devono essere riviste. Quando parlo con persone che promuovono l’ABC XYZ, le incoraggio a mettere in discussione le ipotesi sottostanti al metodo. Non dico che il metodo sia sbagliato, ma che il ragionamento e la visione che lo sottendono potrebbero essere difettosi o obsoleti. Su questo dovreste concentrarvi.

Conor Doherty: Beh, se posso aggiungere un piccolo pensiero alla fine di ciò, direi personalmente che in termini di tolleranza all’ambiguità, due cose apparentemente contraddittorie possono essere vere contemporaneamente. Ad esempio, forse hai usato l’ABC o l’ABC XYZ per decenni e ti ha funzionato. Questo potrebbe essere vero, ma non dice nulla sul fatto che esistano metodi migliori. In realtà, non parla della correttezza del metodo. Quindi, due cose possono essere vere contemporaneamente e per alcune persone questo è difficile da comprendere.

Joannes Vermorel: Capisco. È una confusione di fattori ed è ovunque. Perché la realtà è che, quando dici che l’ABC o l’ABC XYZ ti ha funzionato, la metto in discussione. L’ABC XYZ non ti fornisce le quantità finali di reorder . Il problema è che ci sono altri passaggi per arrivarci e potrebbero essere coinvolti innumerevoli giudizi umani. Abbiamo iniziato con l’idea di avere solo il responsabile del negozio che guarda a un singolo spreadsheet, il mio volume di vendite e cosa scegliere per i miei prodotti. Poi inseriamo nel mezzo di questa matrice. Ma se il tuo processo consiste nel creare una matrice elaborata, fingere di essere uno scienziato, fare colpo sui tuoi colleghi, per poi scartare la matrice e tornare alle tue vecchie abitudini, potresti finire per dire che ti ha funzionato molto bene.

Potrebbe dare al tuo collega una giustificazione, potrebbe darti una sorta di illusione, una delusione su quanto questa parte del tuo lavoro stia effettivamente contribuendo a qualcosa. In definitiva, stavamo facendo qualcosa di completamente diverso per arrivare all’unica decisione che conta, ovvero la decisione finale sull’inventario. Dato che le supply chain sono molto complesse e opache, puoi fare molte cose nel mezzo che non servono a nulla e che apparentemente sembrano avere un grande scopo.

Se guardi il mondo, ci sono molte tribù primitive che hanno rituali per invocare la pioggia. Non credo che oggi ci siano molte persone che direbbero che ballare per la pioggia influenzerà il tempo e migliorerà il raccolto. Ma la gente direbbe: “Abbiamo ballato per il tempo per migliaia di anni, poi è arrivata la pioggia, e poi abbiamo avuto un buon raccolto.”

Sì, lo fa, ma forse c’erano passaggi in quello che facevi che erano del tutto inutili. Alla fine, è questo che devi realmente valutare. Questo passaggio contribuisce davvero quanto pensi alla qualità del risultato finale, che è una decisione concreta, e non il tipo di artefatti che produci lungo il percorso? Esistono metodi alternativi che sarebbero migliori? Perché, in definitiva, se hai qualcosa che funziona per te nel senso che funziona almeno, siamo di nuovo al portare l’acqua in secchi. Funziona, certamente, ma esistono alternative enormemente migliori.

Conor Doherty: Beh, è esattamente ciò a cui stavo arrivando. Le due cose possono essere vere contemporaneamente. Puoi portare l’acqua in un secchio, ma allo stesso tempo, potresti anche trasferirla in una barca o in qualcosa significativamente più grande, è questo che sto dicendo. Ma ancora, due cose possono essere vere contemporaneamente, e riconoscere che spesso c’è ambiguità tra i concetti o la sfocatura di cui parli può essere difficile per le persone.

Joannes Vermorel: Sì, ed è esattamente questo che devi cambiare. Quando le persone dicono, “ha funzionato per me”, riguardo a queste pratiche che vedo nella supply chain, devi davvero mettere in discussione cosa intendono con “ha funzionato per me”. Cosa significa? Non è una falsa affermazione di per sé, ma se tutto ciò che hai da dire è “è stato più o meno giusto”, non basta.

In una supply chain moderna e distribuita, dove la percezione umana è molto limitata, si può dire che la validità di questa affermazione “ha funzionato per me” non sia affatto la stessa se, da un lato, si tratta di un sistema piccolo o, dall’altro, di una supply chain super complessa che non puoi osservare nella sua interezza. Ancora, se c’è un responsabile di negozio che gestisce uno scaffale e dice, “Sai una cosa, per me va bene. Guardo questo scaffale e dico che è esattamente ciò che desiderano i miei clienti”, mi fiderei del suo giudizio. È perché è qualcosa che hai davanti, hai una percezione del sistema. Puoi metterti nei panni dei tuoi clienti. Usi la tua empatia, guarda un po’. Hai tutte le informazioni rilevanti proprio davanti a te. Puoi esprimere un giudizio di valore e questo giudizio è molto probabilmente relativamente ragionevole, a patto che quella persona agisca in buona fede e così via. Ora, questa è la tipologia di situazione che affronti nelle supply chain?

Direi che solitamente no, per niente. La situazione tipica della supply chain è questa: sei un impiegato in un ufficio a mille chilometri dal luogo dove le merci andranno spedite e consumate. Non stai guardando lo scaffale, stai guardando un foglio Excel. Hai dozzine di prodotti di cui hai visto solo i codici prodotto. Nella maggior parte dei casi, non hai mai visto i prodotti nella realtà. E anche se ne hai visti alcuni, di certo non li hai visti tutti. Stai servendo clienti che non hai mai visto, e i dati sono presentati da un sistema che è super complesso e che capisci a malapena, come il tuo ERP e simili. La tua logica è che stai cercando di usare la tua stessa razionalità umana per far fronte a qualcosa che rappresenta solo una piccolissima parte del quadro.

Metto molto in dubbio quanto tu possa dire che abbia funzionato. Potrei usare il mio giudizio per dirti che ha funzionato. Sai, se si tratta di qualcosa di molto localizzato, dove vedi l’intero quadro, direi: “Sì, forse non riesci a spiegarmi il motivo per cui funziona, ma mi fido del tuo giudizio.” Se stai osservando qualcosa che non rappresenta nemmeno l’uno per cento del totale, e mi dici che ha funzionato, io dico no. Non lo vedi, è solo che fa ciò a cui sei abituato a vedere in questo uno per cento. È in quel momento che dici che ha funzionato. Stai semplicemente affermando che ciò che hai di fronte agli occhi non si discosta da ciò a cui ti sei abituato a vedere in questo uno per cento del puzzle.

Conor Doherty: Joannes, penso che oggi abbiamo coperto un’incredibile quantità di argomenti e non ho altre domande. Ti ringrazio moltissimo per il tuo tempo e grazie mille per aver seguito. Ci vediamo alla prossima.