00:00:03 Internet of Things (IoT) e le telecamere intelligenti della Cina.
00:01:05 Il basso costo della potenza di calcolo abilita l’IoT negli oggetti quotidiani.
00:02:24 Gli impatti dell’IoT: potenziamento della funzionalità dei dispositivi e della supply chain.
00:04:47 Il ruolo dell’IoT nella gestione globale della supply chain.
00:07:02 Dispositivi IoT a basso costo: alimentazione e modalità sleep.
00:09:46 Le sfide dell’integrazione dei dati IoT nei sistemi ERP.
00:11:28 Amazon supera le sfide legate ai dati IoT.
00:13:27 Futuro: Attività automatizzate con l’IoT, ad esempio il Amazon Dash Button.
00:13:38 Sfide dell’adozione dell’IoT: sicurezza e rischi di creazione di botnet.
00:16:02 La difficoltà dei server nel differenziare le richieste umane da quelle delle macchine.
00:17:12 Dispositivi IoT: obiettivi attraenti per i cyber criminali.
00:17:49 Soluzioni di sicurezza per l’IoT: revisione del codice, programmi di bounty per hacker.
00:20:55 Futuro dell’IoT: Veicoli autonomi, logistica della supply chain.
00:25:17 Cambiamenti organizzativi/IT per un uso maggiore dell’IoT.
Sommario
Durante un’intervista su Lokad TV, Joannes Vermorel, fondatore di Lokad, dialoga con Kieran Chandler sulle crescenti diffusione e implicazioni della tecnologia Internet of Things (IoT). Vermorel sottolinea il potenziale dell’IoT nel rivoluzionare il supply chain management attraverso il tracciamento in tempo reale degli asset e il monitoraggio ambientale. Riconosce inoltre l’accessibilità economica e l’efficienza energetica dei dispositivi IoT, pur avvertendo delle significative sfide nella gestione dei dati e nella sicurezza che essi possono comportare. Vermorel cita Uber e Amazon come aziende che utilizzano abilmente l’IoT, con il tracciamento dei conducenti di Uber e le operazioni intelligenti della supply chain di Amazon. Guardando al futuro, prevede un aumento della traceability guidata dall’IoT nella supply chain, nonostante gli ostacoli di implementazione in ambito IT e nelle strutture organizzative.
Sommario Esteso
Nell’ultimo episodio di Lokad TV, il conduttore Kieran Chandler e l’ospite Joannes Vermorel, fondatore di Lokad, esplorano il tema dell’Internet of Things (IoT). Vermorel discute della presenza in costante aumento dei dispositivi IoT nel nostro mondo interconnesso, una tendenza ampiamente alimentata dal calo dei costi di calcolo. Questa accessibilità economica consente l’integrazione di computer in quasi ogni oggetto senza un aumento di prezzo sostanziale.
Vermorel fa riferimento ad automobili, dispositivi per il controllo della temperatura domestica, telecamere IP e dispositivi per smart home come Amazon Echo come esempi di oggetti che possono acquisire capacità IoT. Egli afferma che questi miglioramenti rendono gli oggetti più versatili, dotandoli di funzionalità quali l’autodiagnosi e la connettività di rete, aprendo la strada a una manutenzione più intelligente, riparazioni preventive e un uso semplificato.
Gran parte della loro conversazione si concentra sull’impatto potenziale dell’IoT sul supply chain management. Vermorel suggerisce che l’IoT può svolgere un ruolo fondamentale nel tracciamento e nel monitoraggio dei beni dalla produzione fino alla destinazione finale. Ciò può aiutare ad affrontare le principali sfide della supply chain, come il coordinamento di numerosi asset in movimento su vaste aree geografiche.
Integrando l’IoT in oggetti come pallet o pacchi, Vermorel sottolinea che il tracciamento in tempo reale diventa possibile, consentendo una migliore gestione degli asset. Inoltre, il ruolo dei dispositivi IoT nei processi della supply chain va oltre il semplice monitoraggio delle posizioni degli oggetti. I sensori IoT possono rilevare e trasmettere dati ambientali, come temperatura e accelerazione, garantendo la sicurezza dei beni e monitorandone lo stato durante il trasporto.
L’economicità e l’efficienza energetica dei dispositivi IoT è un altro tema chiave della loro discussione. Vermorel illustra come la diminuzione dei costi di calcolo renda possibile aggiungere tali funzionalità a quasi ogni oggetto. Il costo dell/embedding di un computer pienamente funzionale con capacità Internet in un prodotto potrebbe essere basso quanto pochi dollari, trasformando i dispositivi IoT in articoli praticamente usa e getta nella supply chain.
Vermorel spiega che i dispositivi IoT, sfruttando i progressi della tecnologia mobile, possono risparmiare energia entrando in modalità sleep quando non elaborano o trasmettono dati attivamente. Questi dispositivi possono funzionare per uno o due anni con la sola batteria, eliminando la necessità di alimentazione esterna. Possono essere considerati usa e getta, con lo smaltimento a fine vita e il riciclo integrati nel loro ciclo di vita.
Discutono anche della sfida di integrare i dati prodotti dai microprocessori nei sistemi ERP esistenti. Vermorel riconosce che i dispositivi IoT generano una quantità enorme di dati. Sebbene ogni dispositivo produca una piccola quantità individualmente, l’output aggregato di molti dispositivi è notevole, richiedendo nuove strategie IT come database NoSQL e capacità di big data per un’elaborazione efficace.
Vermorel cita Amazon come un’azienda che ha affrontato con successo questo problema. Elogia la strategia a lungo termine di Jeff Bezos e l’architettura orientata ai servizi di Amazon. L’acquisizione di Kiva Systems, azienda specializzata nell’automazione dei magazzini tramite robotica, e il lancio dei Amazon Dash Button evidenziano l’uso innovativo dell’IoT da parte di Amazon.
Vermorel individua quindi la sicurezza come una sfida significativa per l’adozione dell’IoT, insieme alla gestione dei dati. Afferma che i dispositivi IoT sono più suscettibili agli attacchi rispetto ai computer dei data center convenzionali, il che potrebbe portare a hackeraggi e all’inclusione di questi dispositivi in botnet per attacchi cibernetici. Utilizza le telecamere IP come esempio, spesso hackerate e impiegate per creare alcune delle botnet più grandi.
Successivamente, Vermorel introduce il concetto di botnet al pubblico. Controllate da criminali, le botnet possono essere utilizzate per svariate attività malevole, in particolare attacchi di tipo denial-of-service. Tali attacchi sfruttano la botnet per sommergere un sito web di traffico, bloccandone l’accesso agli utenti legittimi. I gruppi criminali spesso impiegano questo metodo come forma di estorsione, offrendo di interrompere l’attacco in cambio di un pagamento. I dispositivi IoT, a causa della loro debole sicurezza e connettività Internet, sono obiettivi privilegiati per tali attacchi.
La complessità di mettere in sicurezza i dispositivi IoT è il prossimo argomento affrontato da Vermorel, che paragona questa sfida alle violazioni di sicurezza subite da aziende consolidate come Intel. Senza una soluzione valida per tutti, Vermorel sottolinea l’importanza di audit regolari del codice sorgente e di stress-test dei dispositivi per identificare le vulnerabilità. Suggerisce che i “bounty programs” messi in atto dai fornitori di tecnologia potrebbero incentivare gli hacker “white hat” a scoprire e segnalare potenziali falle, migliorando così la sicurezza complessiva.
Vermorel poi si rivolge al potenziale e alle sfide dell’IoT. Prevede un futuro promettente, pur riconoscendo gli ostacoli esistenti. Menziona che Uber, ad esempio, utilizza già l’IoT su larga scala, tracciando la posizione di ogni veicolo nella propria rete tramite gli smartphone dei conducenti, fornendo al sistema di dispatch un controllo ed un’efficienza notevoli.
Vermorel sottolinea anche la transizione di Uber verso una rete di veicoli autonomi. Prevede che, una volta che i veicoli autonomi diventeranno la norma, Uber opererà sostanzialmente come una vasta rete IoT capace di controllare asset in movimento. Aggiunge che i camion autonomi stanno iniziando ad apparire, con Uber che ha lanciato la prima linea di camion completamente autonomi negli Stati Uniti.
La discussione si conclude con un focus sulla traceability della supply chain, dove Vermorel vede nell’IoT uno strumento potente. Esso può offrire aggiornamenti in tempo reale e una tracciabilità completa, cruciale per industrie che trattano beni di alto valore come elettronica di consumo, articoli di lusso o vaccini. Vermorel riconosce Amazon come un pioniere nell’utilizzo dell’IoT per le operazioni di supply chain, aggiungendo agilità e flessibilità al processo.
Sfruttando le informazioni in tempo reale fino al livello del pallet, Vermorel suggerisce che le aziende possono prendere decisioni intelligenti e istantanee, come deviare una consegna in corso a causa di un’esigenza improvvisa. Pur prevedendo che queste applicazioni siano all’orizzonte, avverte che l’implementazione di cambiamenti nell’IT e nelle strutture organizzative per accogliere nuovi metodi operativi potrebbe rappresentare una sfida significativa. Tuttavia, rassicura che, se implementati correttamente, uno scenario distopico in stile “Black Mirror” è improbabile.
Trascrizione Completa
Kieran Chandler: Nell’episodio di oggi parleremo di dispositivi quotidiani che, una volta collegati a Internet, diventano intelligenti. Questi sono noti con il titolo piuttosto ambiguo di Internet of Things. Al giorno d’oggi viviamo in un mondo veramente interconnesso, in cui la gamma di dispositivi integrati con software e sensori sembra crescere giorno dopo giorno. Questo aumento della connettività ha senza dubbio i suoi vantaggi. Ad esempio, a Shenzhen, in Cina, l’installazione di 40.000 telecamere intelligenti in tutta la città ha ridotto il tasso di criminalità di oltre il 50%. Tuttavia, questi dispositivi quotidiani possono essere hackerati. Nel migliore dei casi, gli hacker potrebbero utilizzare il dispositivo per raccogliere informazioni per campagne pubblicitarie mirate. Nel peggiore dei casi, queste vulnerabilità possono essere sfruttate per attacchi a livello di servizio, come quelli che in passato hanno messo a segno il crollo dei sistemi bancari di interi paesi, come accadde in Estonia nel 2007. Quindi, Joannes, con una parola d’ordine come “Internet of Things”, il concetto risulta alquanto vago. Forse possiamo iniziare con un esempio?
Joannes Vermorel: Sì, assolutamente. L’Internet of Things è semplicemente una tendenza del calo dei costi della potenza di calcolo nel tempo. Qualche anno fa è diventato abbastanza economico da permetterti di avere un computer in tasca – cioè, il tuo smartphone. La tendenza è ancora in corso, e ora è diventato così economico che puoi effettivamente installare un computer praticamente su qualsiasi cosa. E per molti oggetti che non sono già super economici, ciò inciderà ben poco sul prezzo. Ad esempio, possiamo mettere computer sulle automobili – le automobili sono abbastanza costose, per cui possono già contenere letteralmente decine di microprocessori e una notevole potenza di elaborazione. Possiamo anche integrarli in dispositivi che controllano la temperatura della tua casa, in telecamere IP che richiedono solo una connessione Internet per caricare il loro flusso video su un servizio online a tua scelta. Più recentemente, abbiamo assistito a una tendenza con dispositivi intelligenti come Amazon Echo, in cui basta pronunciare un comando vocale ad alta voce, tipo “comprami questa canzone”, e il sistema procede direttamente con l’ordine e la sua elaborazione.
Kieran Chandler: Se lo osserviamo da una prospettiva umana, in che modo questa tecnologia sta realmente cambiando il nostro modo di interagire con questi oggetti?
Joannes Vermorel: Penso che possa rendere gli oggetti più capaci in molti modi. Possono dotarsi di capacità di autodiagnosi, così che se hai bisogno di una riparazione, molti oggetti possano fornire una diagnosi leggibile in caso di malfunzionamento. Ad esempio, la maggior parte delle stampanti mostrerà direttamente il problema sul dispositivo. Oggi, infatti, la maggior parte delle stampanti può essere collegata a una rete, permettendo a chiunque vi abbia accesso di stampare, senza necessariamente dover collegare la stampante al computer. La stessa logica può essere applicata alle macchine da caffè aziendali, che potrebbero necessitare di riparazioni. Questi dispositivi sono in grado di autodiagnosticarsi e di avviare autonomamente una procedura di manutenzione, invece di attendere che il problema si verifichi. E non sono solo gli oggetti già alimentati a poter essere potenziati con capacità IoT: da una prospettiva di supply chain, possiamo aggiungere capacità IoT ad oggetti che normalmente non sono autoalimentati, come pallet o pacchi, per implementare sistemi di tracciamento migliori che possano trasmettere informazioni direttamente alla sede centrale sullo stato di quell’oggetto.
Kieran Chandler: Quindi, hai menzionato pallet, pacchi e camion, considerando le cose da una prospettiva di supply chain. Dove vedi il vero potenziale per le supply chain con l’Internet of Things?
Una delle maggiori sfide delle supply chain è gestire un mondo vasto, con numerosi asset in movimento che devono soddisfare le esigenze dei clienti. È molto difficile avere una coordinazione precisa, anche in tempo reale, su tutto a scala globale. Quindi, l’IoT offre la possibilità di un tracciamento attivo su ogni singolo pallet, camion e pacco, permettendoci di sapere esattamente dove essi si trovano e dove sono stati durante l’intero ciclo di vita.
Joannes Vermorel: Sì, non si tratta solo di conoscerne la posizione. Aggiungendo un tracker IoT, è possibile monitorare la temperatura per assicurarsi che sia stata controllata per tutta la durata del trasporto. Si può, inoltre, misurare l’accelerazione con un accelerometro per verificare se i beni hanno subito urti potenzialmente dannosi. È possibile anche implementare misure di sicurezza intelligenti per monitorare l’integrità fisica di un sigillo, per accertarsi che ciò che viene trasportato non sia stato manomesso. Queste funzionalità sono già impiegate oggi con approcci semplici e meno tecnologici, ma con l’IoT che diventa estremamente economico, la domanda sorge spontanea: cosa posso fare con questo computer che posso applicare praticamente a qualsiasi cosa?
Kieran Chandler: È affascinante. Ma una cosa che mi chiedo davvero è: da dove proviene l’energia esterna per questi microprocessori e microcomputer installati su ciascuno dei tuoi pallet. Non devono essere ricaricati?
Joannes Vermorel: È una buona domanda. Esiste un trucco molto ingegnoso ereditato dai progressi dei telefoni cellulari. Il tuo dispositivo IoT non deve essere alimentato tutto il tempo. Può entrare in modalità sleep e poi riattivarsi, per esempio una volta al minuto, eseguire qualche elaborazione per un decimo di secondo, inviare un impulso attraverso la rete e poi tornare in sleep. In questo modo, è possibile preservare l’energia della batteria per un periodo molto più lungo. I dispositivi IoT moderni, se non viene richiesto troppo da essi, possono durare uno o due anni.
Kieran Chandler: Allora, se il tuo dispositivo costa solo un paio di dollari e vuoi tracciare qualcosa di relativamente costoso, il dispositivo IOT diventa semplicemente un consumabile. Lo prendi dalla fabbrica, batterie incluse, avrà una vita operativa di, diciamo, due anni, e poi, al termine della sua vita, lo smaltirai per il riciclo. Ma non è un po’ uno spreco? L’ambiente è una considerazione enorme al giorno d’oggi.
Joannes Vermorel: Come molte cose, le supply chain consumano molti consumabili, incluso tutto questo imballaggio che deve circondare le merci per evitare che si rompano. Questi sono anche consumabili che devono essere riciclati. L’elettronica di consumo, in generale, è abbastanza facile da riciclare. Inoltre, stiamo parlando letteralmente di grammi di materiali, quindi è molto leggera. Pertanto, l’impatto ambientale è molto lieve proprio perché è così piccolo, così leggero, e se fatto correttamente, può essere riciclato quasi interamente.
Kieran Chandler: Quindi, parliamo dei dati che questi microprocessori stanno producendo. Potresti discutere di come le tecnologie IoT potrebbero essere implementate nei sistemi ERP esistenti?
Joannes Vermorel: In effetti, implementare l’IoT nei sistemi ERP esistenti è una delle sfide più grandi. Una flotta IoT può generare una quantità massiccia di dati. Ogni dispositivo in sé potrebbe non generare gigabyte di dati, ma a causa del numero enorme di dispositivi, i dati aggregati sono tipicamente vasti. Di solito sono uno o due ordini di grandezza superiori rispetto ai tipici dati transazionali che storicamente raccoglievate tramite un ERP.
Ciò richiede differenti strategie IT per l’elaborazione, come il movimento NoSQL. I database NoSQL possono elaborare molti più dati in modo molto più scalabile. Di solito è necessaria qualche forma di capacità di big data per aggregare ed elaborare tutti questi dati generati dall’IoT. Non si adatta naturalmente alla tua architettura storica del mondo ERP transazionale. Richiede un supporto esteso dal IT department per implementare tutti i componenti necessari, tipicamente sul cloud, per supportare la flotta IoT sul campo.
Kieran Chandler: Ci sono aziende che sono riuscite a superare con successo questo ostacolo relativo ai dati?
Joannes Vermorel: Sì, ce n’è. Amazon, per esempio, è stata pioniera in questo settore. La visione a lungo termine di Jeff Bezos è stata impressionante. Già nel 2002, ha emesso un famoso promemoria indirizzando Amazon verso un’architettura orientata ai servizi. Questa è una buona scelta se hai bisogno di servizi dedicati allo streaming di eventi scalabile, proprio come ciò di cui hai bisogno con una flotta IoT. Hanno anche acquisito Kiva Systems, che essenzialmente sfrutta l’IoT abilitando il tracciamento di centinaia di robot operanti nei magazzini.
Amazon sta addirittura spingendo oltre i confini della supply chain con il Dash Button. Questo dispositivo, che puoi acquistare da Amazon e attaccare sul tuo frigorifero, ti permette di ordinare quantità aggiuntive di un prodotto con una semplice pressione. Oggi stanno facendo cose molto aggressive con l’IoT, anche se ci sono ancora pochissime aziende che si muovono in questa direzione.
Kieran Chandler: È una prospettiva interessante che in futuro, invece di fare la spesa al supermercato, io possa semplicemente aprire il frigorifero, premere qualche pulsante e avere tutto consegnato a casa. Oltre ai dati, ci sono altri ostacoli che frenano l’adozione dell’IoT?
Joannes Vermorel: Sì, dopo aver aggiornato la tua infrastruttura IT per gestire l’eccesso di dati, la seconda sfida più grande è la sicurezza. I dispositivi IoT sono fondamentalmente a rischio, molto più dei computer che si trovano in un data center ben protetto. I dispositivi IoT possono essere hackerati. Infatti, i botnet più grandi che creano scompiglio su internet sono composti da telecamere IoT hackerate, utilizzate dai criminali per portare a termine attacchi.
Quindi, per le aziende della supply chain che desiderano adottare l’IoT per aggiornare la loro supply chain, la seconda preoccupazione maggiore sarebbe implementare una difesa in profondità per garantire che la loro flotta di dispositivi non venga hackerata e usata per scopi distruttivi, sia nel mondo digitale che in quello reale.
Kieran Chandler: Lo scopo di introdurre tutti questi dispositivi intelligenti nella rete sembra un po’ troppo vicino a una trama di Black Mirror. Puoi definire per i nostri spettatori cosa intendi con “botnet”?
Joannes Vermorel: Una botnet, in termini semplici, è quando hai accesso a un grande numero di computer, diciamo un milione, e puoi usarli per fare cose su internet. Tuttavia, di solito non sono cose buone.
Kieran Chandler: Puoi darci qualche esempio? Chi fa queste cose al giorno d’oggi?
Joannes Vermorel: Questo è fatto principalmente dai gruppi di criminalità organizzata. Possono prendere il controllo di queste macchine e usarle per trarre beneficio dalla loro connessione internet. Ad esempio, possono connettersi a siti web e scaricare pagine iniziali. La parte complicata è che, dal punto di vista di un sito web, è difficile differenziare tra una persona reale e una macchina che effettua queste richieste.
Kieran Chandler: Quindi è una macchina a scaricare la pagina web, non la persona effettiva?
Joannes Vermorel: Esattamente. Se un criminale ha accesso a un milione di macchine, tutte possono richiedere una pagina web simultaneamente, creando un attacco di denial of service. Il sito web viene sovraccaricato e nessun altro può accedervi. Poi, il gruppo criminale offrirà i suoi servizi di “protezione” per evitare il problema, quasi come un riscatto.
Kieran Chandler: Sembra che questi criminali stiano sfruttando i dispositivi Internet of Things (IoT)?
Joannes Vermorel: Corretto. I dispositivi IoT sono obiettivi principali perché spesso hanno una sicurezza debole e possiedono connettività internet. Questo li rende perfetti per formare botnet. Tuttavia, sono possibili attacchi ancora più gravi.
Kieran Chandler: Prima di approfondire troppo i metodi di hacking, potresti spiegare come possiamo proteggere questi dispositivi?
Joannes Vermorel: Proteggere questi dispositivi è un problema complesso. Anche aziende affermate come Intel hanno avuto vulnerabilità di sicurezza nelle loro CPU. Ad esempio, le vulnerabilità Specter e Meltdown, scoperte quest’anno, erano presenti da circa due decenni senza essere rilevate. Tuttavia, ci sono alcune misure di base per garantire la sicurezza.
Kieran Chandler: Quali sono queste misure di base?
Joannes Vermorel: Innanzitutto, il codice sorgente deve essere sottoposto ad audit. Le persone dovrebbero cercare di violare la sicurezza del dispositivo. Se non ci riescono, è un buon segno. Tuttavia, senza qualcuno che tenti una violazione, non possiamo mai essere certi della sicurezza del dispositivo. Molti fornitori di tecnologia offrono programmi di bounty in cui pagano individui che riescono a trovare e dimostrare vulnerabilità di sicurezza. Questo incentiva i “bravi”, gli hacker white hat, a rendere questi sistemi più sicuri.
Kieran Chandler: Hai menzionato incentivi per le persone oneste per aiutare a proteggere le tue implementazioni IoT. È una questione multifaccettata senza una soluzione semplice, ma investire in sicurezza è sicuramente un prerequisito. Sono particolarmente incuriosito dall’idea di avere “hacker bravi”. Ora, l’IoT appare sicuramente avere un grande potenziale, ma sembrano esserci anche molti ostacoli da superare. Come vedi evolversi le cose nel prossimo futuro? Credi che questi dispositivi diventeranno qualcosa che useremo quotidianamente entro il prossimo anno? Come immagini il futuro dell’IoT?
Joannes Vermorel: Il futuro è già qui in molti modi. Ad esempio, considera ciò che fa Uber. Stanno utilizzando l’IoT su larga scala con conducenti umani, dato che non dispongono ancora di veicoli autonomi. Per quanto riguarda la supply chain, usano tracker IoT, che sono gli smartphone dei loro conducenti. Non hanno nemmeno bisogno di pagare per il dispositivo IoT poiché i conducenti li possiedono già e installano l’app. Uber traccia la posizione di ogni singolo veicolo, che è un asset parte integrante della rete Uber. Hanno questo sistema di controllo globale che consente di inviare la domanda ai conducenti più vicini e di incentivare i conducenti a farsi trovare in determinati momenti e in specifiche località. Quindi, per me, Uber è già come una rete IoT.
Stessa cosa sta accadendo con i camion autonomi. Uber ha aperto la prima linea di camion completamente autonomi che ha attraversato gli Stati Uniti. Quindi, credo che nei prossimi anni vedremo molte evoluzioni intorno ai veicoli autonomi e alla tracciabilità. La tracciabilità non riguarda solo la prevenzione delle contraffazioni, ma anche la garanzia dell’integrità dei tuoi prodotti lungo l’intera supply chain. L’IoT ci dà la possibilità di tracciare ogni container, ogni pallet, ogni scatola, purché ciò che trasporti abbia un certo valore. Questo è particolarmente rilevante se tracci cose come vaccini, elettronica di consumo, beni di lusso e così via. È vantaggioso per garantire che l’intera catena sia sicura, che l’integrità sia preservata e che tu abbia una tracciabilità completa e informazioni aggiornate in tempo reale su tutto quanto nella tua supply chain.
Le aziende intelligenti, come Amazon, sono in vantaggio, ma dovranno affrontare la concorrenza. Queste aziende sfrutteranno le informazioni in tempo reale fino alla posizione di ogni singolo pallet per rendere le operazioni della loro supply chain più intelligenti. Diventeranno più agili, in grado di modificare i piani a metà di una consegna in risposta a situazioni emergenti. Ad esempio, in ambito aerospaziale, se c’è un problema di “aereo a terra”, un allarme in tempo reale può innescare il reindirizzamento di una spedizione già in corso. Credo che questi sviluppi siano all’orizzonte. Le sfide più significative saranno probabilmente implementare le modifiche in ambito IT e apportare cambiamenti organizzativi per accettare questi nuovi modi di operare la supply chain.
Kieran Chandler: Questo suona promettente, a patto che venga implementato correttamente e che non finiamo in uno scenario distopico alla “Black Mirror” nel prossimo futuro. Grazie per un’altra discussione affascinante. Torneremo la prossima settimana con un altro episodio. Fino ad allora, a presto. Arrivederci.